mercoledì 30 aprile 2014

Intervista a Francesco Cositore: "Vi racconto l'Islanda e il suo calcio..."


E' l'alba di una nuova stagione in Islanda, l'ultimo dei campionati professionistici a prendere il via per ovvi motivi. Un calcio in ascesa, spesso sconosciuto e dai più sottovalutato, che però è emerso grazie alle grandi prove della nazionale allenata da Lagerback, sconfitta dalla Croazia ad un passo dal mondiale brasiliano.

A parlare di calcio islandese, e a margine del movimento delle Far Oer, abbiamo interpellato Francesco Cositore, giovane blogger che gestisce un importante e competente spazio in cui racconta i campionati e le coppe di quelle latitudini. Ne è uscita un'interessantissima chiacchierata.

- Ciao Francesco. Il tuo blog si occupa di un movimento calcistico ai più sconosciuto, che solo grazie agli exploit dell'ultimo biennio a livello di nazionale ha iniziato a farsi un nome. Quale è - secondo te - il livello medio del calcio islandese?



Ciao a tutti. Sicuramente, il calcio islandese è abbastanza “periferico” rispetto a quello europeo, ed anche rispetto a quello degli altri paesi nordeuropei. D’altronde, anche da un punto di vista geografico, l’Islanda è davvero lontana dal Vecchio Continente. Inevitabilmente, è tutto il movimento sportivo ad essere un po’ snobbato. Ma devo anche fare una precisazione: è qua in Italia che si tende ad avere una visione molto limitata del calcio. Per noi, le uniche nazioni degne di interesse sono le solite: Inghilterra, Spagna, Germania e Italia. Ultimamente, grazie agli sceicchi, sentiamo della Francia e sporadicamente del Portogallo e dei Paesi Bassi. Stop. Di altri campionati sappiamo qualcosa solo se ci sono allenatori italiani. Infatti, ai più, il calcio dell’est europeo è appena noto, mentre quello del nord del continente è avvolto da un alone di mistero. Un esempio: il 6 settembre dello scorso anno, l’Islanda ha compiuto un’impresa titanica per chiunque in casa della Svizzera, rimontando in meno di mezz’ora da 4-1 a 4-4. E la nazionale elvetica ha chiuso al primo posto il girone e tra un mese sarà in Brasile per i mondiali. Sui principali media italiani, nemmeno quattro righi su un’impresa che, ripeto, non sarebbe riuscita (credo) a nessun’altro, nemmeno all’Italia stessa. Ma, se l’avessero fatta gli azzurri, giù fiumi d’inchiostro per decenni… Quello che voglio dire è che il livello del fótbolti islandese certo non è eccelso, ma nemmeno così scarso da meritare quest’aria di superiorità. Diciamo che è nettamente in crescita rispetto al passato.
 




- Il campionato parte tra pochi giorni, ma prima soffermiamoci sull'Islanda intesa come selezione maggiore. Ti aspettavi un'ascesa del genere?



Sinceramente, no. Io ho iniziato ad occuparmi del calcio islandese, lo ricordo ancora chiaramente, dagli ultimi giorni del luglio dello scorso anno. Di conseguenza, la stagione era in pieno svolgimento, ed anche il girone di qualificazione ai mondiali era quasi giunto al termine. Oggi, vedendo il lavoro di programmazione che c’è alla base, dico che era possibile un miglioramento dei risultati, ma non del tutto scontato. Nel girone, oltre alla Svizzera, c’era anche la Norvegia, che non era un ostacolo da poco, oppure l’insidiosissima Slovenia. L’Islanda ha fatto un qualcosa di meraviglioso l’anno scorso, un piccolo capolavoro che per me è stato un piacere celebrare fin quando è durato. Se durerà ancora non lo so, ma sono ottimista…
 


- Cos'è mancato alla squadra di Lagerback per centrare il Mondiale? E soprattutto, con il prossimo allargamento delle squadre a livello di campionati europei, prevedi un'Islanda presente ad Euro 2016?



La forza mentale. L’Islanda si è qualificata seconda nel suo girone, dopo un estenuante testa a testa con gli sloveni. Meritatissimo. I play-off sono poi una trappola per chiunque e la Croazia, avversaria della squadra di Lagerbäck, ci stava cascando. All’andata a Reykjavík finì 0-0, ma la nazionale nordeuropea fu eroica: resistette ai talenti croati in 10 contro 11 per l’intero secondo tempo. Fu una sofferenza atroce, col rischio sempre costante di prendere il gol, ma finché era stata disputata in parità numerica la partita fu quasi noiosa a causa dell’estremo equilibrio. Ma il ritorno a Zagabria fu un inferno: sconfitta per 2-0 nonostante stavolta fosse lei in superiorità numerica, l’Islanda non fece assolutamente nulla per tutti i novanta minuti. Fu una serata davvero triste, il dispiacere era enorme tra calciatori e tifosi islandesi, e sinceramente anche io ormai mi ero affezionato (e lo sono ancora) all’Islanda e alle sue vicende. Ma la paura di sbagliare fu tale che alla fine l’Islanda sbagliò davvero tutto in quella partita. Poi, a parte questo, fu triste anche vedere Šimunić, un calciatore croato, un professionista, lasciarsi andare insieme ai tifosi a cori filonazisti. Una vergogna assurda, che la FIFA ha punito con una multa irrisoria al giocatore, ma che secondo me avrebbe ben altro trattamento…  Comunque, per Euro 2016, è difficile ma non impossibile. Secondo me, nel girone A si qualificheranno direttamente Paesi Bassi e Turchia, con l’Islanda di nuovo ai play-off. Repubblica Ceca, Lettonia e Kazakistan mi sembrano sinceramente un gradino sotto…
 


- Ad aiutare la nazionale ci hanno pensato i molti giocatori che militano all'estero. Come mai, secondo te, sempre più club si affidano a elementi formatisi in Islanda?



L’Islanda è piccola, ma è una fucina di talenti. Chissà, forse il freddo (che tra l’altro non è eccessivo come si potrebbe pensare) tempra bene nello spirito i giovani islandesi… Scherzi a parte, questa è un’altra dimostrazione di quanto sostenevo prima: all’estero non sono miopi come in Italia. Certo, qualche giocatore islandese ce l’abbiamo anche qui, vedi Bjarnason della Sampdoria o Hallfreðsson dell’Hellas Verona, ma i nostri top club credono che l’Islanda sia come Atlantide, un’isola leggendaria che forse esiste e se esiste chissà dov’è. Si parlava nei mesi scorsi di un avvicinamento del Milan a Finnbogason che gioca all’Heerenveen, nel campionato olandese, ma solo perché a consigliarlo c’era un certo Van Basten… Ma poi non se n’è fatto più nulla. Invece, guardiamo oltre i nostri confini: Gylfi Þór Sigurðsson al Tottenham, Eiður Smári Guðjohnsen ora al Club Bruges (ma prima è passato per Chelsea e Barcellona), Kolbeinn Sigþórsson all’Ajax, Rúrik Gíslason al Copenaghen. Questo solo per citare quattro pilastri della nazionale negli ultimi mesi: ma se guardiamo anche a giocatori islandesi non nazionali o meno noti, ne troviamo in ogni angolo dell’Europa. Ovunque, perfino nella League One (terzo livello del calcio inglese), in Russia, in Belgio, in Galles… Ovunque! Tranne in Italia, dove sono come mosche bianche. Questo perché l’interesse verso il calcio in Islanda sta aumentando, e allora i club si attrezzano con settori giovanili che scovano talenti, li fanno crescere bene. E i risultati che stanno ottenendo le nazionali minori sono un’ulteriore conferma.
 


- Anche a livello giovanile l'Islanda è cresciuta molto, ottenendo buoni risultati con le varie selezioni Under. A cosa si deve questo trend positivo?



Proprio come dicevo poc’anzi, per la prima volta in Islanda c’è la voglia di iniziare ad emergere e a farsi rispettare. Infatti, abbiamo la nazionale under-21 che è in lotta per partecipare agli Europei under-21 l’anno prossimo, mentre l’under-19 quest’estate parteciperà sempre agli Europei under-19 in Ungheria. Si sta iniziando ad investire molto soprattutto sui giovani, che talvolta vengono mandati anche in prestito. Vengono seguiti giorno per giorno nella loro formazione sportiva e non. Una cosa simile sta accadendo anche per il calcio femminile. L’Islanda, in pratica, sta entrando nella stessa ottica che ha portato la Spagna a dominare le scene calcistiche mondiali degli ultimi anni o che ha condotto la Germania a diventare un modello da imitare per chiunque.  Certo, è davvero difficile il solo pensare che l’Islanda un giorno anche lontano tocchi livelli così alti, ma sono sicuro che questa è la strada giusta per togliersi diverse soddisfazioni. In un periodo di vacche magre come questo, l’Islanda può insomma diventare la nazione trainante e da imitare per il blocco settentrionale del nostro continente, nell’attesa che almeno Svezia e Danimarca tornino agli splendori di un tempo.
 


- L'ultimo talento a lasciare il paese è il centravanti Holmbert Fridjonsson, che si è accasato al Celtic Glasgow per una cifra irrisoria? Che tipo di giocatore è? E soprattutto, troverà spazio?



Hólmbert Friðjónsson è il classico esempio di quei ragazzi cresciuti come si deve. E non è stato affatto pagato poco: il Celtic l’ha strappato al Fram, detentore della coppa nazionale islandese, per 100.000 sterline, che corrispondono più o meno a 121.000 euro al cambio attuale, ma in corone islandesi sono quasi 19 milioni! Non è poco per una squadra islandese! Anzi, il Fram avrebbe potuto usarli meglio sul mercato… Comunque, il Celtic ha fatto un ottimo affare secondo me. Non so quanto spazio possa trovare Friðjónsson quando davanti ha signori giocatori come Samaras e Stokes, senza considerare che in attacco il Celtic ha un numero ragguardevole di uomini: la concorrenza, insomma, è spietata. Però, le parole di Lennon fanno ben sperare. Se l’allenatore parla di “potenziale molto buono” e dice di esserne stato bene impressionato durante il periodo di prova, aggiungendo che “è uno per il presente”, significa che ha intenzione di usarlo. D’altronde, ha una buona tecnica, può caricarsi l’attacco sulle spalle ed ha un buon sinistro. L’unico interrogativo riguarda il fatto se riuscirà ad adattarsi ad un calcio più fisico come quello del mondo anglosassone, ma se Lennon ne ha parlato bene un motivo ci sarà.
 


- Molti giocatori, nelle sessioni di mercato, si accasano in club norvegesi o svedesi. Come te lo spieghi? Non credi che converrebbe rimanere per migliorare il proprio torneo locale piuttosto che misurarsi in tornei ugualmente poco competitivi?



Certo, sarebbe meglio se restassero in patria, ma parlare da fuori è facile. La vita in Islanda può essere anche molto dura: al di fuori dell’area della capitale Reykjavík con le città circostanti, c’è solo un’altra “grande città” nel nord del paese, Akureyri. Per il resto, ci sono piccoli paesi che non sempre arrivano a 10000 abitanti e, di conseguenza, molti emigrano verso altri paesi, magari più freddi, ma dove c’è molta più vita, come quelli scandinavi. E poi non è detto che il calcio islandese così non cresca: l’anno scorso abbiamo avuto l’FH Hafnarfjörður ai play-off di Europa League, dopo un’avvincente cavalcata nei turni preliminari di Champions. Ed anche il Breiðablik si è fermato poco prima. Insomma, se le basi sono solide come credo, nonostante questa “emigrazione” entro i prossimi cinque anni avremo almeno due squadre islandesi ai gironi di Europa League e, più difficile ma non impossibile, una ai gironi di Champions. Poi, a dire il vero, andare in Svezia o Norvegia (dove c’è una sorta di colonia islandese dalle parti di Stavanger) almeno per il ranking UEFA è un balzo in avanti: infatti, il campionato islandese è al 37° posto su 53 in Europa, quello svedese e norvegese rispettivamente sono al 24° e al 26°.
 


- Passiamo al prossimo campionato? Domanda secca: il KR arriverà a quota 27 titoli oppure prevedi un cambio al vertice?



Fare un pronostico secco come questo è sempre difficile. In teoria, il KR Reykjavík dovrebbe partire favorito, ma in questo inizio di stagione non ha fatto nulla di straordinario, anzi. Però, ogni volta che è stato chiamato a rappresentare l’Islanda in Europa, e soprattutto in Champions, ha sempre fatto – ahimè – brutte figure: l’ultima apparizione fu un umiliante 7-0 ad Helsinki il 17 luglio 2012, nonostante le squadre finlandesi siano sullo stesso livello di quelle islandesi. E in genere, dopo queste favolose spedizioni, si scoraggia e si fa superare in campionato. In parole povere, non ha una rosa adatta a reggere il passo tra Europa e campionato: in uno dei due, fallirà. L’FH Hafnarfjörður, pur non avendo nemmeno un quarto dei suoi titoli, è più completo ed esperto: per me, è lui il favorito, anche se sarà relegato in Europa League. Ma c’è anche il Breiðablik, il cui gioco è sempre gradevole, che però non parteciperà a nessuna coppa a causa di un finale thriller l’anno scorso: ecco, con la testa solo al campionato, questa è la mina vagante da tenere d’occhio.
 


- Ci dai, così su due piedi, i nomi delle potenziali sorprese e, se pensi possano essercene, di chi secondo te sarà una delusione?



A parte il già citato Breiðablik come outsider per la vittoria del campionato, tra le possibili rivelazioni per me ci sono il Víkingur Reykjavík e il Þór Akureyri. Il primo, in realtà, è stata promossa l’anno scorso dalla 1. Deild karla (la serie B islandese) con un po’ di polemiche a causa del fatto che la spinta determinante è stata data da un 16-0 ottenuto contro una squadra, il Völsungur, che era già retrocessa. Realizzata infatti la miseria di 2 punti in 22 partite, contro il Víkingur ha chiuso la partita non solo con sedici reti sul groppone, ma anche con due espulsioni. Questo ovviamente ha fatto gridare allo scandalo alcuni. Secondo me, è eccessivo parlare di “biscotto”, però non nego che questo sia stato il punto di svolta in un campionato equilibratissimo. Però, ad onor del vero, in questi primi mesi in cui s’è giocata la coppa di lega, il Víkingur ha dimostrato che, in fin dei conti, la promozione non era così immeritata. Il Þór Akureyri invece già l’anno scorso ha giocato in massima serie, e si è salvato nonostante una fase difensiva a tratti spaventosa. Quest’anno ci sono dei notevoli miglioramenti anche sul piano del gioco, e poi è arrivato fino alle semifinali della già citata coppa di lega. Forse sto sbagliando, ma voglio dargli fiducia. Tra le delusioni non saprei chi mettere, ma dico solo che io vedo in serio pericolo il Fram, che ha vinto la coppa nazionale in modo incredibile ma l’anno scorso è andato ad un passo dalla retrocessione. Ora che grazie alla coppa sarà in Europa League, la vedo dura. Perciò prima dicevo che i soldi sul mercato andavano spesi meglio…
 


- Nel torneo islandese al via il weekend del 4 maggio non ci sarà l'IA Akranes, uno dei club più blasonati e storici, causa retrocessione. Come ti spieghi il tracollo dello scorso anno?



La retrocessione dei gialloneri mi ha scioccato. Sì, senza mezzi termini: mi ha proprio scioccato. Credevo che il rischio di una retrocessione fosse remoto, invece già dopo poche settimane che seguivo il calcio islandese mi sono dovuto ricredere. Diciamo che la retrocessione della squadra di Akranes ricorda molto quello che è successo in Norvegia col Tromsø, che forse è anche più clamoroso. Dire che il campionato, senza l’Akranes, non è la stessa cosa sarebbe banale: ormai la sua presenza, negli ultimi anni, è solo simbolica, visto l’ultimo “scudetto” risale al 2001. Da allora, (pochi) alti e (moltissimi) bassi, con le retrocessioni chi si fanno sempre più frequenti (2008, 2010 e appunto 2013). Mai aveva fatto così male nella propria storia.


- Dacci qualche nome su giovani talenti che potrebbero esplodere nel 2014.



Fare qualche nome è difficile. Così, su due piedi, direi Magnússon, che è nel giro della nazionale under 21 e gioca nello Spezia, Vilhjálmsson  del Breiðablik, o lo stesso Friðjónsson del Celtic. Ma in linea generale il mio consiglio è quello di seguire molto attentamente le avventure delle nazionali giovanili islandese. Magari si potrebbe prestare un po’ attenzione anche ai vivai delle varie squadre.
 


- Ultima domanda, spostandoci di qualche chilometro. Il tuo blog si occupa anche di isole Far Oer, un posto affascinante di cui poco si conosce. A quale serie italiana paragoneresti la massima divisione?



Un campionato affascinante, questo sì tra i più deboli e meno competitivi d’Europa. Beh, considerate una cosa: i giocatori faroesi non sono professionisti, cioè giocano a calcio per hobby, per passione. Non si allenano nella vita di tutti i giorni. Alcuni sono panettieri, altri commessi in un negozio, altri ancora pescatori. Insomma, sono lavoratori comunissimo e in patria non sono delle superstar strapagate. Pensate inoltre che l’attuale primo ministro della Far Oer, Kaj Leo Holm Johannesen, in carica dal 26 settembre 2008, per vent’anni ha giocato come portiere nella squadra più titolata dell’arcipelago, cioè nell’HB, e ha fatto anche qualche presenza in nazionale! Altrove, una carriera da calciatore a primo ministro sarebbe impensabile. Questo per farvi capire come venga preso alla leggera qui il calcio. Di conseguenza, mi viene da pensare che in Italia una squadra faroese starebbe almeno in Lega Pro Seconda Divisione. Ciò non toglie che però sia divertente guardare il campionato faroese.
 

 

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