martedì 23 giugno 2015

#WCU20 Dove osano le Aquile



Nel 1987 l'allora Yugoslavia saliva sul tetto del mondo. Ok, la categoria era quella u-20, ma già a quei tempi si intuiva la sterminata quantità di talento presente nei Balcani. Era la squadra di Zvonimir Boban, Predrag Mijatovic, dei due Robert (Jarni e Prosinecki) e di Igor Stimac, con un'istituzione come Mirko Jozic in panchina. Le sensazioni di quel giorno le hanno rivissute i
giovani serbi proprio in questi giorni, che alla vigilia della finalissima in Nuova Zelanda contro il Brasile, si sono gustati le emozioni racchiuse in quegli attimi di tensione, trasformatisi in gioia quando la lotteria dei calci di rigore permise alla truppa slava di avere la meglio sulla Germania dell'Ovest.

Di acqua sotto i ponti, in questi ventotto anni, ne è passata parecchia; la Yugoslavia non esiste più e il calcio dei Balcani non è più in ascesa come ai tempi della grande Stella Rossa o del Partizan, potenze di Belgrado oggi dominanti solo a livello locale. Ma la luce in fondo al tunnel è rappresentata proprio dalla Serbia e dalla sua nidiata di giovani dall'incredibile classe; sono loro a vincere l'edizione 2015 del Mondiale u-20, con un 2-1 rifilato al Brasile quando la finale sembrava incanalata sui binari dei calci di rigore. Come ventotto anni fa. Invece no, perchè a pochi secondi dalla fine un gol di Nemanja Maksimovic ha regalato alle Aquile un titolo sorprendente, probabilmente insperato.

Già, perchè nessuno - a Belgrado e dintorni - avrebbe osato anche solo sperare in un successo di tale portata il giorno in cui Paunovic ed i suoi ragazzi sono saliti sull'aereo con destinazione Wellington; invece questa volta i giovani serbi, spesso vittime di critiche (talvolta giustificate, quando gli si imputa di avere un talento inversamente proporzionale alle forze mentali per giocare a certi livelli), hanno messo da parte isterismi e obiettivi personali per remare tutti dalla stessa parte. Il grosso del merito ce l'ha Velijko Paunovic, che a grandi livelli ci ha giocato (soprattutto in Spagna), artefice massimo di un successo studiato con mesi di anticipo. Conosciuto come un allenatore meticoloso ed attento ai dettagli, Paunovic è stato capace di giocare sul lato emozionale dei ragazzi, facendogli vedere le immagini di quel lontano 1987 il giorno prima della finale. Guardate come ci si gioca il proprio destino, era il messaggio. Recepito da tutti, soprattutto dai giocatori con più classe, con Andrija Zivkovic in prima fila. Il talento di casa Partizan è un classe 1996 sul quale pende un annoso dilemma: perchè gioca ancora in Serbia? In questo mondiale è stato dirompente partendo tra le linee, ha segnato due gol e molto spesso ha messo lo zampino nelle azioni decisive della Serbia. E' lui, in mancanza di Luka Jovic (di un anno più giovane, prodotto della Stella Rossa non convocato causa infortunio), il volto di questa Serbia brava ad abbinare spada e fioretto.

Tra i protagonisti però troviamo anche altri ragazzi interessanti. Il portiere Predrag Rajkovic, vincitore del premio come miglior numero uno del torneo, ha sicuramente delle buone prospettive davanti; così come la coppia di terzini composta da Milan Gajic e Nemanja Antonov, cresciuti entrambi nella capitale Belgrado, ma nell'OFK. Più propenso all'offesa il primo (che spesso è bravo ad inserirsi per andare al tiro), decisamente più difensivo il secondo, ma entrambi appetibili come occasioni di mercato. In mezzo alla difesa ha giganteggiato Srdan Babic (Vojvodina, in orbita Napoli), mentre in mezzo Nemanja Maksimovic è risultato essere un vero valore aggiunto. Oltre a Zivkovic, il reparto offensivo ha avuto il decisivo apporto di Stanisa Mandic, autore del primo gol in finale, e di Ivan Saponijc, cresciuto dopo un inizio non molto convincente.

Inquadrare oggi le prospettive di questo gruppo è molto difficile, viste le molte variabili da considerare. Certo è che questa squadra è figlia probabilmente della miglior generazione serba post conflitto, completa in tutti i reparti e con ampi margini di miglioramento. Il vero banco di prova potrebbero essere le prossime qualificazioni all'Europeo u-21, dove tra l'altro la Serbia è inserita nel girone con l'Italia. E non ha nessuna intenzione di arrestare la sua corsa.

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