venerdì 10 marzo 2017

La prima volta


Una città, due stadi, dodici squadre.

Si è conclusa domenica scorsa la Gold Cup under 20, torneo continentale che ha racchiuso tutto il meglio del calcio nord americano e caraibico.


San José è stato il teatro perfetto per questa manifestazione.

La capitale del Costarica ha incanalato per tre settimane tutto il talento della zona nelle due strutture tirate a lucido per l'occasione, l'Estadio Nacional e il Ricardo Saprissa Aymá, racchiudendo in esse tutta la passione che il popolo locale sprigiona quando vede giocare i propri beniamini.

L'avventura dei Ticos si è chiusa bene, con la qualificazione al mondiale di categoria in programma a maggio in Corea del Sud. Il Costarica infatti è una delle quattro squadre a strappare il pass valido per la rassegna iridata.

Nella terra della pace (il Costarica è l'unico stato al mondo a non avere una forza d'esercito) e della tranquillità (nel 2012 Mastercard, che stila annualmente una guida turistica per i propri clienti, ha inserito San José sia nella top 5 delle destinazioni consigliate che nella classifica delle città con meno rischi in assoluto), ad alzare la coppa sono però stati gli Stati Uniti, autori di un torneo in crescendo.

La nazionale allenata da Tab Ramos, vecchia gloria locale, spezza così l'egemonia messicana che durava addirittura da tre edizioni.

Eppure l'avventura costaricense non era cominciata benissimo; inseriti nel Gruppo B assieme a Panama, Haiti e Saint Kitts and Nevis, gli USA hanno dovuto faticare non poco per qualificarsi alla seconda fase. L'ufficialità è arrivata infatti solo alla terza partita, con il 4-1 rifilato proprio a Saint Kitts, dopo una vittoria (contro Haiti) e una clamorosa sconfitta nella gara di esordio subita da Panama.

Una situazione - se vogliamo - alquanto curiosa e paradossale, visto che Panama in Costarica non doveva nemmeno esserci, ma è stata ripescata al posto del Guatemala, escluso dalla competizione a causa delle continue ingerenze nella federazione da parte del governo locale. I Canaleros invece si sono distinti, e solo a causa della differenza reti hanno mancato la qualificazione al mondiale.

Gli Stati Uniti hanno invece fatto tesoro della scoppola iniziale, e da lì non ne hanno più persa una. Dopo il passaggio alla seconda fase è arrivato il tanto atteso scontro con il Messico, in un momento politico sociale delicato vista la recente campagna presidenziale americana e i rapporti caldi con i vicini messicani. La partita però è stata un elogio allo sport: combattuta sì, ma tra il rispetto reciproco. A festeggiare alla fine sono stati i ragazzi allenati da Ramos, che si sono imposti 1-0 al termine di un match molto equilibrato.

Dopo aver battuto anche El Salvador, gli USA in finale hanno trovato l'Honduras, regolato ai calci di rigore dopo lo 0-0 dei tempi regolamentari. Nella lotteria decisiva gli americani non hanno fallito nemmeno un tentativo, portandosi a casa una vittoria a suo modo unica.

A San José si è scritto infatti un pezzo di storia per la nazionale a stelle e strisce, ovvero il primo successo in questa competizione, arrivato dopo ben sei secondi posti.

Questo successo è figlio di molti protagonisti e porta alla ribalta diversi nomi. In prima fila c'è senza dubbio Tab Ramos, tecnico classe 1966 di casa in federazione ormai dal 2011, anno in cui si è insediato sulla panchina della selezione under 20. Dalle sue mani sono passate tutte le recenti generazioni di talenti americani: da Julian Green a Cristian Pulisic, passando per Cameron Carter-Vickers, Gedion Zelalem e Joshua Perez. Tutti ragazzi convocabili, ai quali Ramos ha rinunciato per regalare spazio a profili emergenti.

Tra questi c'è Erik Palmer-Brown, mediano e leader della squadra, decisivo nella partita più delicata del torneo, quella contro il Messico da lui decisa con una rete provvidenziale. Palmer-Brown è anche stato eletto miglior giocatore della manifestazione, e le sue prestazioni non sono passate inosservate. Questo ragazzo compirà 20 anni ad aprile ma è già sotto l'attento controllo del Porto, che dopo averlo fatto giocare nella propria squadra B, ha deciso di darlo in prestito ai Kansas City.

Palmer-Brown nasce come difensore centrale, ma la sua tecnica sopraffina lo ha portato a giocare davanti alla difesa, come mediano di impostazione. La sua evoluzione tattica è stato uno degli spunti più interessanti dell'intero torneo.

Molto interessante anche la coppia del Fulham composta da Luca De La Torre e Marlon Fossey, rispettivamente centrocampista centrale e terzino destro.

De La Torre è un altro progetto di giocatore molto interessante: con i Cottagers ha già collezionato tre presenze in prima squadra - seppur in League Cup - ma in nazionale si è disimpegnato come mezza punta esterna sull'out mancino del 4-3-2-1 disegnato da Ramos. Fossey ha fatto invece parte di un reparto difensivo ben costruito, in cui si sono disimpegnati egregiamente anche il suo alter ego Danny Acosta (autore del rigore decisivo in finale) e i due centrali Tommy Redding e Justen Glad. Menzione anche per Brooks Lennon (Real Salt Lake City), peperino offensivo imprendibile quando parte in velocità.

Il trionfo statunitense non cancella l'ottima campagna condotta da Honduras e Messico. Los Catrachos si sono arresi proprio nel finale, ma il loro cammino si è distinto per continuità e solidità. Nella squadra allenata da Carlos Tábora, composta per la maggior parte con elementi provenienti da Olimpia e Motagua, ha fatto bella mostra Jorge Alvarez, centrocampista con spiccate doti offensive ed un inusuale numero 9 sulle spalle. E' suo il gol che ha aperto il torneo (una bellissima punizione segnata al Canada), così come è sua la rete che ha chiuso la partita contro Antigua.

La grande delusa della situazione è il Messico. La Tricolor ha vinto il suo girone, ma la sfortuna ha voluto che gli USA capitassero sulla sua strada.

L'avventura messicana era partita alla grande. Come un rullo compressore, il Messico ha passato agilmente la prima fase (9 punti in tre partite, con nove reti segnate e la propria porta inviolata), per poi perdere inopinatamente lo scontro diretto con gli Stati Uniti. Il 6-1 dato a El Salvador ha però permesso alla Tri di salvare almeno la faccia.

La compagine di Marco Antonio Ruiz ha comunque messo in vetrina molti giocatori interessanti. Uno su tutti: Rolando Cisneros.

Il numero 9 si è laureato capocannoniere della manifestazione con sei reti segnate in cinque partite, e già affila le lame in vista del prossimo mondiale. Cisneros ha una storia molto particolare alle spalle; nel 2014, mentre rientrava da una trasferta in bus con il suo club (il Santos Laguna), è stato vittima di un brutto incidente stradale in cui ha perso la vita un dirigente della squadra, in quel momento seduto di fianco a lui. Dopo essere stato trasportato d'urgenza in ospedale, Cisneros ha subito un'operazione fortunatamente andata a buon fine, e dopo alcuni mesi è potuto tornare in campo. Giusto in tempo per esordire con la maglia della prima squadra.

La panoramica di giovani da tenere sott'occhio si completa con i due Avila, Leandro e Richard, entrambi panameños e autori di sette gol in due, e Randall Leal, interessantissima punta del Costarica attualmente tesserato dai belgi del Mechelen.

Lui, come tanti altri, lo rivedremo tra poche settimane in Corea del Sud, a suonare la carica per un continente che sta cercando in tutti i modi di emergere definitivamente.

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